Nelle arti marziali, quelle vere, quelle che pongono al centro dell’attenzione l’evoluzione dell’essere umano nella sua totalità (corpo-mente-spirito), dopo aver compreso appieno la tecnica si giunge alla consapevolezza che il massimo dell’abilità sia quella di vincere il nemico senza la necessità di combattere.
“Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell’abilità:
vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo.”
(tratto da: L’arte della guerra di Sun Tzu)
Ed effettivamente è proprio così, non solo nelle arti marziali, ma nella vita stessa; ogni scontro per quanto possa risultare impetuoso o meno, porta SEMPRE a delle perdite.
Si dice che l’attacco sia la miglior difesa, ma personalmente ritengo che durante un combattimento, ogni qualvolta decidiamo di portare un colpo non possiamo assolutamente non considerare l’aspetto difensivo, ovvero colpire senza scoprirci!
L’utilizzo della tecnica “difensiva” per neutralizzare un attacco, si presta egregiamente come esempio per comprendere meglio alcuni meccanismi di funzionamento della nostra coscienza…
Cerchiamo di andare più in profondità ed analizzare quanto appena affermato.
Se ci pensi bene (proprio perché considero le arti marziali uno stile di vita), anche nella vita ogni volta che esprimi un giudizio (vedi articolo qui), in realtà stai proiettando/modificando la percezione della tua realtà, condizionandola in maniera direttamente proporzionale e conforme al giudizio stesso.
Spesso nel combattimento si cerca di ingannare l’avversario lasciando scoperta una determinata zona del corpo, o abbassando volontariamente la guardia, invitandolo così a colpirci in un determinato punto; questo è un escamotage in grado di generare un vero e proprio vantaggio, perché sapremo esattamente dove verrà portato l’attacco e quindi saremo in grado oltre che a difenderci o neutralizzare mandando a vuoto l’attacco, anche a contrattaccare e/o meglio anticipare.
Utilizzando “l’agir comune”, per cui ad ogni azione lasciamo corrispondere una reazione e, quindi, come dice la parola stessa re-agiamo (agire in risposta a, vedi significato) capite bene che non stiamo facendo nulla di nuovo: anzi, accettiamo, o meglio subiamo un’azione per poi re-agire di conseguenza, ma sempre in funzione dell’azione stessa, di chi l’ha prodotta.
In altre parole andiamo a testimoniare, a rendere vera l’azione che abbiamo subito, che in ultima analisi rende coerente per la propria coscienza il transfert (significato qui, insieme all’articolo).
Se in una determinata fase della tua vita stai soffrendo, le emozioni che andrai a produrre saranno di tristezza, rammarico e rassegnazione; in altre parole le tue sensazioni renderanno vera la tua sofferenza e, tu, istintivamente la accetterai: effettuando di fatto un giudizio.
Ma cosa succede se invece in quella particolare situazione non giudichi o provi ad emozionare in maniera opposta, ossia utilizzando gioia ed entusiasmo?
Lo so sembra folle, ma semplicemente perché non è un atteggiamento comune.
Non abbiamo in memoria un comportamento di questo tipo, per questo motivo ci appare assurdo e non percorribile, ma in realtà dipende solo dalla nostra duttilità mentale e, ovviamente, dalla nostra capacità di metterci in gioco ed uscire dalla cosiddetta zona di comfort.
Un Grande Uomo disse:
“Non resistete a chi è malvagio;
ma a chi ti schiaffeggia sulla guancia destra, porgi anche l’altra”
-Matteo 5:39-
Che significa semplicemente sposta l’attenzione e guarda dall’altra parte!
Perciò cosa succederebbe se nella nostra vita evitassimo il conflitto, in primis, evitando di generare qualsiasi pensiero legato a qualsiasi forma di giudizio?
Sicuramente andremmo ad interrompere parecchie dinamiche che in qualche modo ci rendono testimoni di qualcosa che in realtà non desideriamo; del resto uno specchio svolge semplicemente il proprio ruolo, ossia quello di riflettere…spetta solo a noi decidere quale sia l’immagine che desideriamo vedere riflessa!
Serve solo un buon allenamento per sviluppare questa nuova attitudine…